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ALEKSANDR NEVSKIJ (1938)


"Aleksandr Nevskij" ovvero la battaglia sui ghiacci. Film che raggiunge il suo acme simbolico, ma non solo simbolico, anche figurativo e contenutistico proprio nella grandiosa scena della battaglia sul lago gelato dei Ciudi (oggi al confine fra Estonia e Russia).

Quest'opera del sommo regista Sergej Ejzenstejn (1898-1948), uscito il 25 Novembre 1938, a qualcuno sembrò essere una resa alla politica culturale di Stalin.

La realtà è molto più complessa: il film di Ejzenstejn presenta comunque una notevole articolazione formale e si può ben dire un'opera, a suo modo sperimentale anche se non nel senso del suo precedente "La Corazzata Potemkin" (1925), il quale risentiva in maniera molto maggiore delle avanguardie artistiche di quegli anni.

Siamo alla fine degli anni Trenta, i tempi sono cambiati, sopratutto in Unione Sovietica: non più entusiastica ricerca formale e sperimentazioni varie in parallelo ai tempi rivoluzionari, duri ma entusiasmanti di epoca leniniana, ma ora abbiamo a che fare con il rigido realismo socialista staliniano, codificato nel 1934.

Ejzenstejn vi si adatta, ma in modo più apparente che reale, ed "Aleksandr Nevskij" è lì a testimoniarlo.

Certo, nella figura storica del condottiero Aleksandr Nevskij il quale sconfigge i Cavalieri Teutonici sul lago dei Ciudi nel 1242 possiamo leggere in filigrana la figura di Stalin e la sua opera restauratrice dei valori nazionali russi da contrapporre a quelli della Germania Nazista, non proprio alla fine del 1938, ma preannunciando ciò che accadrà di lì a qualche anno.

Comunque, una grande differenza con tutti i lavori precedenti, in questo caso Ejzenstejn raffigura le gesta di un eroe singolo (Aleksandr Nevskij, appunto) e non più le gesta collettive di un popolo in lotta.

In questo senso il film si inserisce bene in quel nuovo filone del cinema sovietico di metà- fine anni Trenta (ma anche posteriore) epico-didattico.

Ma solo che anche un film magniloquente e didattico va saputo realizzare per evitare una bolsa retorica, Ejzenstejn ci riesce in pieno, guardando il film assistiamo anche all'IMPRESA EPICA DELL'ATTO DEMIURGICO E CREATIVO DEL REGISTA CINEMATOGRAFICO. Ejzenstejn supera il semplicismo del film propagandistico, manipola i materiali che ha a disposizione, arrivando a realizzare un'EPICA FORMALE DEL CONCRETO.

Rare volte l'epica propagandistica assume connotati così spiccatamente formali, stilistici, sfuggendo, di conseguenza implicitamente dalle strette maglie di un coartante discorso propagandistico unilaterale.

Forma epica, sì, ma anche epica della forma, dello stile, del simbolismo di puri valori figurativi, libero discorso, libera ed evanescente circolazione di senso eccedente, misterioso, pur rimanendo il film all'interno dei binari predefiniti del Realismo Socialista.

Il film, al contempo non si fa generica opera di propaganda ma Ejzenstejn si avvale di un'ottica precisa la quale lo aiuta a creare un qualcosa che bene rappresenta l'evento storico, il dato concreto al di là di certo pressapochismo del discorso propagandistico.

Il dato storico fortemente realistico viene innestato di un discorso formale e simbolico, il film è il simbolo, anche di UN EPICA REALISTA FORMALE.

La magniloquenza del film è, talvolta, intaccata da impennate liriche ed introspettive, il flusso epico in un certo senso si fa più incerto e tremolante, pur mantenendo salde le proprie prospettive.

E le scene liriche donano al tutto una maggiore profondità prospettica, come tante vie di fuga laterali verso nuovi possibili film, nuove possibili storie.

Quello che mi ha sempre colpito di "Aleksandr Nevskij" è il rovesciamento dei valori figurativi: i Cavalieri Teutonici (gli antagonisti, dunque) sono vestiti di bianco, gli eroici contadini russi guidati da Aleksandr Nevskij sono vestiti di nero.

EROICO ROVESCIAMENTO DEI VALORI, sono i dannati della terra, i maledetti, i brutti, a rivestire il ruolo positivo, i belli, i vincenti, i luminosi quello negativo.

Approccio fortemente umanistico, quello di Ejzenstejn e politico, in modo dirompente. Il grande regista ottiene tutto questo mediante l'USO FIGURATIVO DEI COSTUMI.

Anche in questo caso sfugge dal troppo evidente discorso propagandistico, tramite un dato concreto e materiale Ejzenstejn piuttosto SUGGERISCE QUALCOSA.

Col passare degli anni Ejzenstejn riconobbe un' importanza sempre maggiore alla musica arrivando al culmine proprio con "Ivan il Terribile" (1944), ma già in questo film del 1938 la collaborazione con il grande musicista Sergej Prokofev (1891-1953) è strettissima.

Ricerca di un CINEMA ULTERIORE, proprio nel senso di un CINEMA DELL'OLTRE, un cinema che rimane, anche in questo caso un cinema di avanguardia, di ricerca indefessa.

Ejzenstejn cerca di superare la parola, la dittatura della parola, con tutto ciò che questo comporta: un superamento del discorso dimostrativo, rigido, schematico ed unidimensionale, cercando invece di muoversi negli spazi siderali del PURO VISIBILE ED ASCOLTABILE, negli SPAZI SENSORIALI DEL VEDERE ED ASCOLTARE.

Certo che il film presenta un discorso preciso ma il regista lo pone su uno sfondo formale evanescente e libero in modo implicito critico verso la politica culturale staliniana.

Connubio inscindibile fra immagine e suono smarcandosi così dalla dittatura della parola tipica di molte opere di propaganda, ricerca di un NUOVO VISIBILE.

In tutti questi valori "Aleksandr Nevskij" risulta essere l'opera di un grande artista cinematografico: Sergej Ejzenstejn.

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