EL COCHECITO (1960)
Di Marco Ferreri (1928-1997) ho già avuto modo di occuparmi nel mio articolo "Dillinger è Morto" (1969) del 23 Marzo 2016 qui su CineProspettive.
"El Cochecito" uscito il 3 Novembre 1960 è il terzo film (girato come i due precedenti in Spagna) del regista italiano.
Film spagnolo a tutti gli effetti, film di un autore italiano ma che bene si inserisce in tutta una tradizione del cinema spagnolo.
Un cinema, quello del paese iberico che si muove fra realismo e deformazione grottesca con punte di humour nero. Il film di Ferreri, quindi, proprio in questo senso intrattiene relazioni particolari con tutto un cinema spagnolo degli anni Cinquanta (Juan Antonio Bardem, Luis Garcia Berlanga, per tacere del surrealismo di Luis Bunuel).
"El Cochecito" è un film grottesco, nero, anzi nerissimo sulla solitudine della vecchiaia, sull'istituzione familiare della Spagna Franchista, sulla famiglia come prima cellula di emarginazione esistenziale, sociale, umana.
Don Anselmo Proharan chiede insistemente alla famiglia l'acquisto di una carrozzella (egli non è paraplegico) che gli possa permettere di trascorrere il tempo libero con amici paraplegici e quando il figlio gli oppone un rifiuto riesce con qualche sotterfugio a permettersi temporaneamente una carrozzella che in seguito il figlio gli toglie; Don Anselmo, disperato, avvelena tutta la famiglia.
Questa, in sintesi la trama del film. Il film è ascrivibile al genere della Commedia Nera, la vicenda narrata e rappresentata è attraversata da un senso grottesco delle cose. Personalmente concepisco la vicenda di Don Anselmo come vicenda dalla forte valenza metaforica, come la ribellione (certamente nichilista) di un emarginato contro un'istituzione repressiva quale quella della famiglia nel priodo Franchista.
In questo senso il film assume connotati eversivi, implicitamente politici, SURREALISTI, proprio in virtù della rappresentazione di un ATTO ESTREMO E SIMBOLICO, proprio in quanto indirizzato contro un'ISTITUZIONE.
Il ritratto che trapela della Spagna Franchista è disperato, nerissimo, grottesco. La vicenda "reale, troppo reale" da film NeoRealista (la ricerca di una carrozzella motorizzata chiave di volta per l'inserimento in un gruppo di persone con cui si vuole socializzare, in questo caso, la ricerca del denaro necessario, etc.) viene in qualche modo COARTATA, ROVESCIATA,CAMBIATA DI SEGNO, il principio NeoRealista VIENE DISSEZIONATO, NE VIENE AFFERRATO IL SENSO ECCEDENTE, ULTERIORE.
Commedia Nera grottesca di ascendenza NeoRealista, dunque, ma che supera tale dato (pur conservandolo al proprio interno) approdando sui lidi di un cinema SUR-REALE. Marco Ferreri, con "El Cochecito" riesce a rappresentare il SENSO NASCOSTO, GROTTESCO, ECCESSIVO di una data realtà e condizione.
Proprio in queste caratteristiche risiede il carattere implicitamente eversivo e liberatorio del film ed anche il suo spessore cinematografico, culturale, estetico.
Film eversivo, non sovversivo (e comunque Marco Ferreri, credo alla fine degli anni Sessanta o inizio anni Settanta dichiarò la propria "fede" comunista, a tale riguardo rimando al mio articolo summenzionato dove tratto anche di questo aspetto), film eversivo e non sovversivo perchè troppo disperato, nichilista; il film non presenta una struttura verticale, di crescita o di cambiamento effettivo, quanto piuttosto una struttura circolare; Don Anselmo passa dalla gabbia familiare alla gabbia carceraria alla fine del film.
FAMIGLIA COME CARCERE, istituzioni repressive di controllo, che sempre trionfano sulla disperata e nichilistica ribellione.
Don Anselmo è inesorabilmente fagocitato da tali istituzioni repressive. Marco Ferreri non si è mai smentito, è sempre rimasto fedele al suo cinema critico e furente, scopertamente anti-istituzionale ed anti-borghese.
Ed ha sempre cercato di battere Luis Bunuel sul suo stesso terreno: Marco Ferreri ha sempre visto in Luis Bunuel una sorta di padre spirituale cinematografico da emulare e a cui ribellarsi per alcune presunte "debolezze".
"El Cochecito" ci restituisce un'immagine disperata della famiglia, come vera prima cellula dell'esclusione sociale, vero e proprio SPECCHIO della più estesa FAMIGLIA NAZIONALE FRANCHISTA.
La famiglia, alla fine non viene deformata, ma piuttosto Ferreri ce ne restituisce il carattere nascosto, il carattere deforme e grottesco, subdolamente prevaricatorio e violento.
FILM GROTTESCO SUL GROTTESCO, dunque, un grottesco potenziato, ma anche film DEFORME E MARGINALE, programmaticamente marginale, irregolare, eccedente, e di conseguenza FOLLE.
Spira il vento della follia in "El Cochecito": follia familiare, follia istituzionale, folle gesto finale. Film che ECCEDE LA REALTA', film eccedente perchè eccessivo, eccessivo perchè eccedente.
Da qualche parte si è parlato per questo film di realismo astratto, definizione con cui concordo, almeno in parte. Realismo astratto, proprio perchè SUPERANTE IL DATO REALE, in questo senso la definizione di "astratto" è corretta, ma forse insufficiente; non viene solo ipostatizzata una certa condizione, ma piuttosto superata anche se conservata nella rappresentazione che se ne da, PENETRATA IN SENSO DEFORME, GROTTESCO, restituendo quindi tutte le caratteristiche LATENTI, MISTERIOSE, SEGRETE, NON VISIBILI.
Anche in questo film viene rappresentato l'invisibile, ciò che sta oltre le apparenze, ciò che sta oltre il fenomeno: il cinema (non solo quello di Ferreri) come dinamite, come lotta e sfida inflessibile al senso comune.
Proprio in questo senso ho parlato prima di carattere eversivo del film, surreale (anche se non surrealista), film libero e furente (come tutto il cinema ferreriano, del resto).
Il film presenta notevoli agganci al cinema NeoRealista, senza alcun dubbio, ma rappresenta anche una ribellione edipica al cinema dei padri, appunto: quello NeoRealista, oppire quello Surrealista di Luis Bunuel.
"El Cochecito": film che sfugge a restrittive catalogazioni, film unico.