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CHINATOWN (1974)


"Chinatown", ovvero.: la via Polanskiana al film Noir. Il film uscì il 20 Giugno 1974 e fu la seconda opera girata in terra statunitense da Roman Polanski (1933).

"Chinatown" assume una forte valenza teorica, rappresenta una riflessione sulle strutture e sugli orientamenti del Film Noir (atteggiamento tipico del cinema New Hollywood) imponendosi come uno dei più bei film della tendenza denominata Neo Noir.

Il film ha radici ancora più lunghe rintracciabili nella letteratura Hard Boiled (sopratutto quella di Raymond Chandler) progenitrice del film Noir.

"Chinatown" narra di un intrico riguardante i contrasti sui diritti dell'acqua e dei terreni a Los Angeles e dintorni negli anni Trenta (il film è ambientato nel 1937), intrico fra gli intrichi, mistero fra i misteri, comunque: il detective Jake Gittes (interpretato da Jack Nicholson) si immerge progressivamente in un sottobosco corrotto, sotto tutti i punti di vista.

Personaggi e situazioni del film ricalcano quelli del Film Noir classico come in una sorta di certosina operazione calligrafica da parte di Polanski, il film, in questo senso si propone come RISPECCHIAMENTO IPERREALISTA DEL FILM NOIR CLASSICO, quanto più iperrealista tanto più personale, "Chinatown" è opera di ricalco e di messa per immagini (e che immagini!) del romanzo Hard Boiled.

Il regista ha voluto, con questo film, riprendere in mano in pieno i punti fermi del film Noir, rilanciarli, farli rivivere. Il cinema americano di quegli anni (e mi riferisco sopratutto agli anni 1974-1975) ebbe rispetto al film Noir classico un atteggiamento riverenziale, operando in tal modo una sorta di ricalco calligrafico, e penso, quindi, non solo a "Chinatown" di Polanski ma al pur bellissimo "Farewell, my lovely" (1975) di Dick Richards con un dolente e attempato Philip Marlowe (protagonista dei romanzi di Raymond Chandler) qui interpretato da Robert Mitchum.

Ad ogni modo: il film di Polanski ripropone gli stilemi ed i topoi del film Noir del periodo classico (1940-1958): il detective ed ex poliziotto disincantato ma giusto (vera e propria figura di Loser), ed il Loser ricordiamolo era una figura che popolava il cinema della New Hollywood, la figura della dark lady (in questo film interpretata da Faye Dunaway), la corruzione degli ambienti di polizia.

Siamo alle prese con un film torbido, intricato, cupo e anche disperato: la mancanza di Happy End (in linea con molti film noir classici ma anche con i coevi film New Hollywood) lo conferma. Il finale, crudele e disperato raggiunge le vette del sublime, il finale è davvero alto proprio nella sua cruda disperazione.

L'intrico, il mistero (politico, sociale, familiare e sessuale) riconducibile al potente Noah Cross (interpretato da John Huston, grande regista della Hollywood classica) rimane parzialmente incompreso da parte del detective, il film è ambiguo, giocato sui chiaroscuri, su chiarore screziato da ombre, ed in definitiva in "Chinatown" a dominare è l'oscurità, a dominare sulla pur assolata Los Angeles.

C'è un OLTRE INVISIBILE in questo film, inafferabile, non comprensibile tramite la ragione e tramite i sensi (emblematica la scena del ferimento al naso del detective) ed il naso ferito e lì a testimoniare la limitatezza (ma anche la limitazione) del fiuto del detective, del suo intuto, della sua CAPACITA' DI SENTIRE E QUINDI ANCHE DI VEDERE.

Il film ha più facce e penetra anche altri aspetti, quindi, da un lato è un incursione negli abissi della psiche umana (pensiamo al rapporto incestuoso fra Faye Dunaway e John Huston) ma anche una disamina impietosa dei meccanismi capitalistici di profitto, Polanski va oltre, parallelizzando (scusate il brutto termine) corruzione dell'anima e corruzione sociale, malvagità e capitalismo, in questo senso il film potrebbe configurarsi come rappresentazione morale oltrechè politica.

Questo film pur se del 1974 (e pur se profondamente New Hollywood) rivela profonde risonanze con la cultura cinematografica dei primi anni Quaranta, sotto alcuni aspetti potrebbe sembrare un film dei primi anni Quaranta ambientato alcuni anni prima.

I titoli del film, resi in uno stile anni Quaranta sono lì a testimoniare questo debite, questa attitudine calligrafica da parte di Polanski, tramite il VISIBILE SI PARLA DEL VISIBILE, quasi come in un gioco a incastro.

Il visibile, il puro visibile, la stessa presenza fisica come rimando cinefilo e concettuale, come RIMANDO DI SENSO: la presenza di John Huston permette notevoli rimandi (cinematografici, cinefili, mentali) al film Noir dei primi anni Quaranta ed al bellissimo film di Huston del 1941 "Il Mistero del Falco" (uno dei film che diede origine al Noir).

Film strutturalmente composito e dalle fori valenze metaforiche e plurali: film sugli abissi neri della mente umana, sul capitalismo e la sua corruzione, film sul REALE INAFFERABILE, film sul cinema, tutto questo è "Chinatown" e anche qualcosa di più, il film rilancia continuamente le carte, ci suggerisce un oltre plurisemico, concettuale, visivo, di senso.

Non stupisce che sia considerato uno dei film più significativi di un pur grandissimo autore come Roman Polanski.

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