top of page

PER UN PUGNO DI DOLLARI (1964)


Dopo l'esordio del 1961 "Il Colosso di Rodi" film peplum in linea con certo cinema italiano di fine anni Cinquanta-inizio anni Sessanta, il regista Sergio Leone gira questo "Per un pugno di dollari" che esce il 12 Settembre 1964.

Il film fece molto discutere, vuoi per la sua esibita e cinica violenza, vuoi per il suo carattere "manieristico" vuoi perchè liquidato molto superficialmente come opera derivativa di modelli americani ben più alti (John Ford in primis).

Il film riprende totalmente la struttura del film di Akira Kurosawa "Yojimbo" (1961) ma personalizzando e modificando.

Il film fu un grosso successo di pubblico ma spaccò e divise la critica. "Per un pugno di dollari" è già molto esemplificativo del cinema leoniano a venire: dilatazione temporale, virtuosismo stilistico, violenza esasperata, manierismo di fondo.

Il cinema di Leone si posiziona a mezza strada fra il Nuovo Cinema degli anni Sessanta (dal forte profilo teorico e autoriflessivo) e il cinema postmoderno rimescolatore dei generi.

Il cinema di Leone è un cinema (fertilmente) autoreferenziale il quale mima i grandi modelli del passato (John Ford, sopratutto e tutta la grande tradizione del cinema Western).

Un cinema che parla di cinema, dunque. Questo film inaugura anche la stagione del Western all'italiana, rappresenta addirittura il vero prototipo del film Western all'italiana (o spaghetti western).

Il Western all'italiana è segnato immancabilmente da caratteristiche ciniche, violente e brutali, l'ottimismo del cinema Western americano (classico, però) viene meno: non assistiamo più alle gesta di un eroe quanto piuttosto alle gesta di un anti-eroe (pensiamo appunto a Joe, il pistolero solitario interpretato da Clint Eastwood in questo film) il quale è mosso da avidità e da interesse piuttosto che da motivazioni idealistiche.

Altra caratteristica del Western all'italiana è l'assenza del pellerossa, in più l'ambientazione è caratterizzata da notevole realismo.

Mentre molta critica mostrò di non apprezzare il film proprio per la sua carica di brutalità e violenza per gli stessi motivi fu invece apprezzato da parte della giovane critica italiana di cui un esponente fu Dario Argento il quale, in seguito ha ricordato: "La mia reazione al primo film di Sergio Leone fu entusiastica, ma gli altri critici italiani dissero perlopiù che era un film orrendo. Troppo crudo in tutti i sensi... io andai a vederlo al Supercinema di Roma con tre giovani amici. Rimanemmo sorpresi. Sorpresi perchè era un western che avevamo sognato di vedere- il western storico non era così inventivo, così pazzo, così stilizzato, così violento".

Questo Dario Argento. Oppure il regista italo-americano Martin Scorsese, il quale ha dichiarato: "Leone creò nuove maschere per il Western, e costruì nuovi archetipi per un genere che aveva bisogno di influenze fresche , era come la revisione di un genere in qualche modo o un'evoluzione del genere, perchè il genere Western stava diventando vecchio in quel tempo".

Quindi Sergio Leone come artefice di uno scatto in avanti, creatore di una dimensione stilizzata governata dal PRINCIPIO DI VIOLENZA.

L'universo leoniano è governato da tale principio, è un universo sporco, cinico, corrotto.

Questo film di Leone (ma in modo ancora più marcato i film successivi) inaugura la PRASSI DI DILATAZIONE ED INTENSIFICAZIONE DI TEMPI E MODI DEL CINEMA WESTERN CLASSICO; assistiamo ad una mimesi manieristica di certo cinema, l'uso del primo e primissimo piano (segno distintivo di moltissimo cinema Western) viene riproposto da Leone, ma amplificato, estremizzato, RALLENTATO nei ritmi e nelle cadenze (non tramite l'uso del ralenti).

Vi è, dunque, una ESASPERAZIONE STILISTICA, qui meno radicale che nei film seguenti. A mio avviso è sempre stata sottovalutata una caratteristica importante di "Per un pugno di dollari" ovvero il suo allineamento al Nuovo Cinema degli anni Sessanta nel suo virtuosismo stilistico, nella PRATICA DI ESIBIZIONE STILISTICA, la cinepresa, nel film, si fa sentire.

Siamo spettatori di una marcatura stilistica. Il cinema di Leone (e davvero molto questo film, nella fattispecie) rimescola le carte fra "alto" e "basso" fra cinema di Autore e cinema di Genere (ed in questo il film di Leone è già postmoderno, e si capisce bene perchè "Per un pugno di dollari" sia tanto amato da un regista come Quentin Tarantino).

Film crocevia, film incrocio fra cinema alto e cinema basso ma anche fra disposizione autoriale in linea con il Nuovo Cinema degli anni Sessanta ed il Cinema PostModerno a venire.

Gli arditi movimenti della cinepresa presenti in "Per un pugno di dollari" funzionano da chiave di volta di una prassi autoriale e riflessiva, la cinepresa come STRUMENTO DI PENETRAZIONE E SCAVO del terreno del cinema Western classico.

Il film dunque come trasformazione e resa nuova degli stilemi western classici. Ma c'è di più; "Per un pugno di dollari" vive anche molto di silenzi, Leone si incomincia a far notare anche come il regista dei silenzi, come REGISTA DEL SILENZIO, del silenzio visto come luogo espressivo, come espediente penetrativo della dimensione emotiva, come incubazione di tensione e violenza, il silenzio parla, si potrebbe ben dire.

Nel film vi è anche una inedita attenzione ai dettagli (talora disturbanti) i quali svolgono una funzione intensificatrice: nel film tutto è estremizzato, ed in primis proprio la violenza, in tutte le sue forme.

"Per un pugno di dollari", dunque come grande film innovativo e come opera ancora in parte embrionale del grande cinema successivo di Sergio Leone.

bottom of page