top of page

IL SERVO (1963)


"Il Servo" di Joseph Losey (1909-1984), presentato in anteprima al Festival di Venezia nel Settembre 1963 è uno dei film più significativi se non il più significativo dell'intera produzione loseyana.

Joseph Losey, americano, ma "esule" in Inghilterra a seguito della persecuzione maccartista dei primi anni Cinquanta è autore complesso, di formazione marxista (e brechtiana) rappresenta in quasi tutti i suoi film i rapporti di classe e di potere.

Il suo cinema è animato, costantemente, da una riflessione di tipo esistenziale, politico e sociale, una riflessione screziata, talvolta, di deformazioni quasi-espressioniste, di metafore visive, ma tutto questo si muove all'interno di un alveo, per così dire, "realistico".

Autore marxista, di sicuro, ma non strettamente "realista". Losey mostra tutta la complessità dei rapporti interpersonali e dei rapporti sociali, i grumi psicologici, il suo è un cinema che rappresenta l'oltre, ciò che sta dietro le apparenze (ma in fondo quale Cinema non lo è?).

Egli tenta di rappresentare l'essenza dei rapporti sociali, il loro significato recondito, la loro quintessenza, da questo punto di vista potrei definire Joseph Losey un REGISTA DELL'OLTRE: ci svela una dimensione in cui i rapporti umani e sociali assumono tutta la loro importanza, in cui si incrociano, si scontrano, creano equilibri anomali e rovesciati, anche.

Joseph Losey autore politico, dunque: di formazione marxista, assimila la lezione di Brecht e di Ejzenstejn (a seguito di un viaggio in Unione Sovietica nel 1935) negli anni Trenta-Quaranta sperimenta il teatro politico prima di passare al cinema.

Il periodo americano di Losey, quello della fine degli anni Quaranta e inizio degli anni Cinquanta si fa segnalare sopratutto per il suo studio dell'intolleranza, per la paura del diverso; e penso sopratutto al suo bellissimo lungometraggio di esordio, "Il Ragazzo dai Capelli Verdi" (1948).

La sua è una critica sociale, come è stato spesso notato al limite, o addirittura che trasfonde nella rappresentazione deformata ed allucinata.

Forse proprio in questo motivo risiede l'immenso fascino del suo cinema.

Il periodo inglese di Losey inizia nel 1954, e proprio in Inghilterra viene girato "Il Servo" (1963), un film psico-sociale, lo si potrebbe definire.

Un film che trasporta l'universo sociale in uno spazio scenografico chiuso (l'appartamento), e quest'ultimo diventa luogo e sfondo degli intricati rapporti psicologici ed umani del giovane padrone e del suo maggiordomo.

Rapporti psicologici ed umani molto complessi, ambigui, sfuggenti, talmente complessi da subire un rovesciamento della dialettica Servo-Padrone.

Ed è proprio questo il punto nevralgico di questa opera di Losey; il rapporto Servo-Padrone (di hegeliana memoria).

Un rapporto assolutamente non stabile ma ambiguo, contraddittorio: nel film il servo diventa padrone ed il padrone servo. La prospettiva loseyana è pessimista: non assistiamo ad una presa di coscienza del servo (come intesa dal pensiero di Marx che non dimentichiamolo è di forte ascendenza hegeliana) ma piuttosto ad un ribaltamento speculare.

La visione di Losey dei rapporti di classe è pessimista. Il servo, nel film, sgretola abitudini e certezze dell'indolente e passivo padrone, da parte del servo non vi è una ribellione (o ancora, un proposito "rivoluzionario" e di rovesciamento di un rapporto di classe ingiusto) ma una sopraffazione insidiosa.

Losey rappresenta una società profondamente ingiusta e corrotta; la coscienza di classe è completamente espunta dal campo sociale.

Il film è piuttosto un film sul Potere e sulle sue strategie, sul potente spodestato da un aspirante potente, cinico ed intraprendente, in questo senso il marxista Losey punta il dito contro la società classista ed i suoi condizionamenti psicologici e culturali.

Ciò che spesso viene assimilato è proprio il desiderio di potere. Molto importante l'utilizzo della cinepresa a spalla, come a voler enfatizzare l'aspetto realistico della vicenda, quasi l'attimo colto nella sua immediatezza: Losey tenta di RENDERE IMMEDIATO IL MEDIATO DEI RAPPORTI SOCIALI, questa la sua grande sfida eroica.

Il suo cinema svela e rivela il mistero e l'arcano dei rapporti sociali, anche tramite un uso particolare della cinepresa, è il cinema che parla di realtà tramite il proprio linguaggio, il proprio specifico, i propri mezzi.

Ma l'appartamento del padrone (l'appartamento tanto ambito dal servo) non è rappresentato realisticamente; anzi si fa microcosmo espressionista, è attraversato da luci ed ombre.

L'appartamento come rappresentazione dell'ambiguità sociale, della doppiezza, del sotterfugio, dell'apparenza: il cinema di Losey è, dunque, come ho scritto sopra un cinema dell'oltre, del superamento dell'apparenza, dell'immediato, del SENSO COMUNE.

Molto importante l'utilizzo degli specchi: il suo uso è simbolico-concettuale, secondo me, come tutta la componente scenografica del film.

Specchi come metafora del gioco di rimandi, specchi come metafora dell'apparenza, come superficie riflettente, e sopratutto specchi come materializzazione stessa della specularità Servo-Padrone: il sevo diventa padrone, il padrone diventa servo, nel film le due figure sono speculari, si potrebbero definire due PERSONAGGI-SPECCHIO.

Da molti storici del cinema questo film di Losey (che, ricordiamolo, è del 1963) viene collocato all'interno della sperimentazione del New British Cinema di quegli anni, e concordo; ma rimane, in senso più stretto, distante dai coevi film del Free Cinema (per il Free Cinema rimando al mio articolo dell'11 Luglio 2016) segnati dal lirismo vagamente onirico anche se coniugato ad una rappresentazione dura e realistica della società inglese.

Con questo film di Losey ci muoviamo in tutt'altro terreno: IL TERRENO DELL'EPIFANIA DEI RAPPORTI PSICO-SOCIALI, e del cinema come strumento di rivelazione dell'ARCANO PSICOLOGICO E SOPRATUTTO SOCIALE, e come mezzo per approdare all'Oltre.

bottom of page