IL CINEMA DI ABDELLATIF KECHICHE: TRE ESEMPI (2007-2013)
Il cinema di Abdellatif Kechiche (1960): cinema delle minoranze, cinema di minoranza, cinema implicitamente politico, cinema dirompente. Il regista nasce a Tunisi, ma si trasferisce a sei anni a Nizza, con la famiglia.
Ed è proprio in terra di Francia che egli entrerà nel mondo del cinema prima come attore ed in seguito come regista. Il suo è un cinema del tutto particolare, non necessariamente legato alla sua comunità di origine (i maghrebini di Francia), come vedremo, ma comunque attento alla particolarità, al cosiddetto diverso, all'identità marginale, allo SCARTO RISPETTO ALLA REGOLA.
Ma il suo cinema non assume mai i connotati del cinema civile o politico quanto piuttosto quelli di un cinema di scavo psicologico-sociale, laddove i due termini vanno letti ed interpretati come un tutt'uno.
Uno dei film più significativi di Kechiche è "La Graine et le Mulet", uscito il 3 Settembre 2007 e da noi in Italia distribuito sotto il nome di "Cous Cous".
Il film racconta alcune vicissitudini di una famiglia allargata di Sète (Francia Meridionale) di origine tunisina. Con questa opera Kechiche rivela tutto il suo debito contratto con la grande stagione del Neorealismo.
Il cinema di Kechiche, mai come in "La Graine et le Mulet" è cinema della realtà, cinema di comunità, cinema di una cellula sociale (la famiglia), CINEMA DI RAPPORTI, DI RELAZIONI.
La famiglia protagonista del film assurge a spazio inter-relazionale fornendo la possibilità di disamina (intrisa di empatia e simpatia) da parte del regista e della cinepresa.
Kechiche in più interviste ha citato "Ladri di Biciclette" (1948) l'immenso film di Vittorio De Sica fra i suoi punti di riferimento, e non è un caso: la teoria del pedinamento vale anche per questo film.
La cinepresa di Kechiche tallona, talvolta i personaggi, li studia, ne segue i movimenti. Kechiche, da questo punto di vista è davvero l'erede di De Sica-Zavattini, se ne assume, di nuovo, nel 2007 tutta la responsabilità artistica e morale.
Tra l'altro in questo film ben si rivela la poetica del regista, la sua attitudine più vera e autentica: quella al Primo Piano, allo studio dei personaggi, dunque, a capire e a far capire la loro psicologia.
Altro film importante nella carriera di Kechiche è "Venere Nera" uscito nel Settembre 2010, film sul diverso, ma sopratutto film sulla paura e sull'orrore del diverso, film sul razzismo.
Qui abbiamo a che fare con un rapporto, una relazione (di cui dicevo sopra) disturbata, negativa, STRUMENTALE.
Il corpo della donna ottentotta viene usato come strumento, appunto, la donna nera viene ridotta a fenomeno da baraccone e viene in seguito usato come strumento per ricerche scientifiche (atte a dimostrare la somiglianza fra scimmie e popolo Ottentotto).
Teniamo presente che il film si richiama ad una storia realmente accaduta nell'Europa di primo Ottocento.
La donna nera in questo film funziona da catalizzatore del pregiudizio razziale e del razzismo, di più. costituisce la prova evidente dell'esistenza del pregiudizio, della paura del diverso, della PAURA DELL'ALTRO, DELL'ALTERITA': alterità radicale, incarnata da una Donna (vero e proprio Altro rispetto all'Uomo) per giunta Nera, figlia di un continente misterioso e sconosciuto.
Saartje (questo il nome della protagonista) è una provocazione vivente, pura presenza fisica, negazione vivente del pregiudizio e della paura non solo della diversità, ma anche del MISTERO FEMMINILE E RAZZIALE.
Film di notevole rigore stilistico, "Venere Nera" vive di inquadrature strette addosso ai personaggi, la cinepresa è mobile; una cinepresa dinamica che CERCA DI CAPIRE, che studia uomini e volti, ambienti, che sembra voler includere una intera epoca storica.
Come al solito Kechiche ci presenta la sua poetica del primo Piano, dello studio ravvicinato, dello stare addosso ai personaggi, ai volti, il suo cinema è anche un cinema di volti, un po' come quello del pur diversissimo Ingmar Bergman.
In definitiva il film è un'opera sull'ALTERITA' RADICALE, sull'incapacità dell'uomo occidentale di capirla e di accettarla e di saperne apprezzare l'intima bellezza misteriosa.
Il film parla di UN TENTATO OMICIDIO AI DANNI DELLA BELLEZZA E DELL'INCANTO DEL MISTERO.
Discorso in parte diverso per quanto riguarda il film-fiume (e per ora il suo ultimo film), vale a dire "La Vita di Adele" uscito il 23 Maggio 2013.
Il film davvero si pone, come è stato già scritto come un romanzo di formazione dell'adolescente Adele, ma non solo, il film è anche sulla scoperta del Sè, sulla presa di coscienza della propria alterità: il film è anche sulla solitudine (pensiamo soltanto alla bellissima sequenza finale).
Opera su un rapporto lesbico, anche, tra l'altro le scene erotiche sono cinematograficamente bellissime e ci donano l'incanto dell'intreccio dei corpi, assistiamo anche in questo caso ad un rapporto, ad una relazione psico-fisica, fisica e psichica.
Anche qui assistiamo alla poetica del Primo Piano, vale a dire al carattere estremamente cinematografico dei film di Kechiche: pensiamo alla riflessione dei teorici del cinema degli anni Venti (sopratutto francesi e sovietici) sul Primo Piano come una delle forme distintive della Nuova Arte e di come il Primo Piano allontanasse il cinema dal teatro.
Kechiche sembra voler attingere alla forza primigenia del cinema muto, all'USO INTENSIVO DEL PRIMO PIANO, intensivo come non mai proprio in "La vita di Adele".
Il film è un film di relazioni: ma tali relazioni sono contraddistinte da un carattere fallimentare, i rapporti umani sembrano davvero segnati dall'incomunicabilità, Adele, alla fine del film sembra essere una monade che ha acquisito la consapevolezza della propria "diversità" e della propria solitudine.
In questo senso il film è attraversato da una sottile quanto persistente vena pessimistica: forse il cinema di Kechiche si fa davvero sempre più pessimista; pensiamo alla solarità di fondo del film del 2007 rispetto a questo del 2013.
Ad ogni modo il cinema di Kechiche: cinema della relazione, del Primo Piano, dell'alterità.