NICKELODEON (1976)
Aleggia lo spirito di David Wark Griffith (1875-1948), primo vero grande autore cinematografico del cinema americano in questo film di Peter Bogdanovich (1939), "Nickelodeon" uscito il 21 Dicembre 1976.
Bogdanovich è un autore del tutto particolare; fattosi le ossa presso la casa di produzione di Roger Corman (regista, prima di tutto e autore di pregevoli film come il "ciclo di Poe", ma non solo) come altri colleghi della New Hollywood (Francis Ford Coppola e Martin Scorsese in primis) gira il suo primo film (prodotto da Corman e che risente di alcune scelte visive cormaniane) "Bersagli" (1968), e nei primi anni Settanta verrà riconosciuto come il regista della nostalgia.
Nostalgia di che cosa? Essenzialmente nostalgia del cinema classico hollywoodiano e dei suoi grandi autori: Howard Hawks (vero e proprio punto di riferimento imprenscindibile per Bogdanovich), John Ford, Frank Capra.
Per Bogdanovich il grande cinema è stato già fatto, quello che si può fare è soltanto riproporre (certo in una maniera personale e non pedissequa), ma comunque riproporre atmosfere, stilemi, scelte visive e altre caratteristiche tipiche del cinema classico hollywoodiano, sopratutto quello degli anni Trenta.
Operazione cinematografica ed estetica invero assai raffinata, sottile creazione di un cinefilo nutritosi di Cinema e di Storia del Cinema fra le stanze del dipartimento del Cinema del Museo di Arte Moderna di New York.
Quindi il cinema di Bogdanovich è anche meta-cinema, cinema che parla di cinema, cinema che riflette su alcuni meccanismi; un esempio su tutti: "What's up, Doc?" (1972) ripropone, nel pieno dei primi anni Settanta, schemi e stilemi tipici della Screwball Comedy degli anni Trenta, commedia dai dialoghi brillanti e raffinati, basata sullo scontro fra i sessi e situata in quel crocevia fra commedia sofisticata e slapstick (comicità delle torte in faccia).
Bogdanovich ne ripropone schemi e stilemi, i quali però vengono sottoposti ad analisi e riflessione, mantenendone intatta la freschezza e la vitalità.
Figura unica, quindi, anche nel panorama della New Hollywood. Con "Nickelodeon" Bogdanovich si sposta ancora più indietro rispetto ai primi anni Cinquanta di "The Last Picture Show" (1971) o agli anni Trenta di "Paper Moon" (1973), con il film del 1976, appunto, il regista vuole rievocare il cinema dei primordi e gli anni di passaggio, per un verso dalle sale cinematografiche a basso costo, affollate di bambini, donne ed immigrati, i Nickelodeon, appunto, chiamati così poichè il prezzo di entrata era di cinque centesimi di dollaro (un nichelino), e per l'altro il passaggio concomitante da un'arte "bassa" e "popolare", protagonista appunto dei Nickelodeon, ad un'arte matura, ed afferente alla "cultura alta" emblematizzata dalla prima di "The Birth of a Nation" di David Wark Griffith l'8 Febbraio 1915 presso il Clune's Auditorium di Los Angeles (un cinema "di lusso").
Di tale passaggio (il film è ambientato negli anni 1910-1915) è protagonista e testimone un uomo di legge che diventa regista, Leo Harrigan, interpretato da Ryan O'Neal.
Il film, da molti critici considerato meno riuscito rispetto ai film di Bogdanovich dei primi anni Settanta è, sostanzialmente, un omaggio cinefilo, intriso di cinefilia, di amore e rispetto per il cinema, al cinema muto, alle sue radici "basse" e popolari, alla sua plebea vitalità (pensiamo ai rimandi alla Slapstick e quindi al cinema di Mack Sennett, agli sketch accelerati) che "Nickelodeon" INCORPORA E RENDE PROPRI, il film non solo parla di cinema e di un'epoca precisa del cinema americano (il periodo 1910-1915) ma, in una certa misura si rende e si trasforma in un film dell'epoca: Bogdanovich in questo film del 1976 gira alcune scene come se girasse un film nel 1912-1913.
Operazione cinefila, omaggio, certo, ma sopratutto RECUPERO di certo cinema, e delle sue radici.
L'omaggio presente al Nickelodeon come luogo materiale, come luogo sociale è anche un omaggio al cinema popolare, al cinema "basso", ingenuo e sentimentale (cinema molto amato, quindi dai bambini per il suo carattere ingenuo e dal pubblico femminile per il suo carattere sentimentale), ma anche cinema, come ho scritto sopra vitale, corrosivo, sottilmente eversivo delle regole sociali (pensiamo a come la polizia viene sbeffeggiata nella serie "Keystone Cops" di Mack Sennett).
Nel film di Bogdanovich assistiamo non ad una frattura, bensì ad un confluire del cinema basso in quello alto come a volerci dimostrare le radici carnevalesche e plebee del Cinema Settima Arte, del Cinema appartenente all'alta cultura.
"Nickelodeon" è un film che bene INSCENA E RAPPRESENTA IL CONFLUIRE DEGLI OPPOSTI, IL CINEMA COME FIUME, COME FLUSSO STORICO.
Cinema come unità degli opposti, dunque, ma anche come arte capace di crescere e di evolversi, di guardare avanti, di mettersi in discussione. Ovviamente la scena finale con David Wark Griffith protagonista (alla presentazione del suo capolavoro del 1915) è un omaggio "amoroso" da parte di un cinefilo colto alla vera e propria nascita della Settima Arte, così come la conosciamo.