BUTCH CASSIDY AND THE SUNDANCE KID (1969)
Il regista George Roy Hill (1921-2002) ha all'attivo alcuni film interessanti fra cui questo Western, uscito il 23 Settembre 1969, "Butch Cassidy And The Sundance Kid" con Paul Newman e Robert Redford.
Film, che, dato anche l'anno di uscita bene si inscrive in quella tendenza denominata New Hollywood.
Un Western atipico "Butch Cassidy And The Sundance Kid", atipico come "Il Mucchio Selvaggio" di Peckinpah, (al quale ho dedicato un precedente articolo) anche se in tutt'altra maniera.
Questo film ha dei tratti ironico-romantici, presenta una commistione di ironia e romanticismo sia sentimentale che "eroico", fino a sfociare nell'epico.
Quest'opera, a mio avviso è stata parzialmente sottovalutata, il suo ritmo e il suo tocco ironico potrebbero farci pensare ad un film "leggero", secondo me è proprio l'opposto, il film è serio e tragico.
Riflette anche molto bene tutte le tensioni della fine degli anni Sessanta (il viaggio, lo slancio eversivo e liberatorio, etc.), ma non è assolutamente un film "utopistico" ma piuttosto un film amaro e malinconico (ed anche in questo in linea con tutta una tendenza del cinema della New Hollywood, con film quali "Bonnie And Clyde" del 1967 di Arthur Penn, "Easy Rider" del 1969 di Dennis Hopper, "Midnight Cowboy" del 1969 di John Schlesinger oppure "Brewster McCloud" del 1970 di Robert Altman) per tacere di molti altri titoli.
Tutti film che finiscono con una morte violenta dello spostato ribelle ed anarcoide; ecco "Butch Cassidy And The Sundance Kid" si inscrive in pieno in questa linea, in questo orientamento della New Hollywood.
Un diverso tipo di Western, dunque, un film dal profilo estetico-formale molto particolare, forse addirittura unico.
Il film spiazza ed ipnotizza, trascina lo spettatore in un vortice composto di malinconia, ricerca, perdita e MANCANZA, ASSENZA.
Il film, secondo me è equiparabile ad un tunnel, un tunnel che ci presenta gli elementi a cui ho accennato sopra, un tunnel che IPNOTIZZA i due (anti)eroi e che sfocia nel finale balletto mortale in uno sperduto villaggio delle Ande Boliviane.
I due banditi sono ipnotizzati dal colpo grosso che li sistema per tutta la vita, dall'altrove ideale (in questo caso la Bolivia) da una vita pura ed incontaminata che non riescono più a trovare negli USA degli anni Novanta dell'Ottocento e negli anni Zero del Novecento.
Forse, in questo senso, nel suo carattere amaro e sostanzialmente disperato una sottile vena utopica c'è, ma molto sottile, una ricerca di purezza, la quale però viene vanificata dalla morte violenta (ma eroica).
Questo film presenta un profilo visivo davvero unico, il film è a colori: ma il colore è desaturato, ai limiti del bianco e nero e ci sono anche molte citazioni della Fotografia di quel periodo, fotografie che immerse in un virato seppia.
Il film è anche una valida rievocazione del periodo 1898-1908 e della perdita dell'innocenza americana (anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un'altra PERDITA O ASSENZA).
Butch Cassidy e Sundance Kid (come è noto due banditi realmente esistiti e che davvero furono uccisi in Bolivia dopo un tentativo di rapina ai danni di una banca di un villaggio boliviano il 7 Novembre 1908) sono due spettri, nel film, rappresentano un'America morente (un po' come i banditi de "Il Mucchio Selvaggio", a ben vedere).
Perdita, assenza, carattere spettrale, sconfitta, morte, il film ruota attorno a queste coordinate. Un'America fantasmatica, libera ed eroica contro la nuova America del grande Capitale, conformista ed irreggimentata.
Un accenno lo merita Conrad Hall (1926-2003) il Direttore della Fotografia di questo film e del suo lavoro fortemente innovativo e di avanguardia.
Il film presenta una notevolissima profondità di campo, una notevolissima profondità visiva che pone i personaggi direttamente in relazione con l'ambiente; una relazione, che con il dipanarsi della vicenda risulta essere sempre più conflittuale: conflitto con la società, conflitto con una natura matrigna che ha tradito i due protagonisti, natura libera e selvaggia ma che cela INVISIBILI NEMICI pronti all'imboscata: penso alla meravigliosa sequenza dell'inseguimento ai danni di Butch Cassidy e Sundance Kid da parte degli uomini di Pinkerton: uomini inquadrati sempre in campi lunghissimi quasi a volerli far scomparire, a voler far perdere le figure umane all'interno del paesaggio naturale, qui non ci troviamo di nuovo alle prese con una vera e propria assenza, ma con una semi-assenza, con un carattere semi-spettrale, inquietante e misterioso.
Il film ci presenta anche momenti ironici, umoristici, talora sentimentali (pensiamo alle scene con Katharine Ross che interpreta la maestrina Etta), momenti comunque intrisi di una sottile MALINCONIA FUNEBRE, siamo alle prese con degli spettri, dei fantasmi, con gente "che è già morta senza saperlo", che ha fatto il suo tempo, come li urla contro un personaggio del film.
Come ho già detto il finale che sfocia in quella danza di morte, epico-eroica ha tutto il sapore della New Hollywood: tale scena finale mi ricorda, in parte la scena finale della sparatoria in "Il Mucchio Selvaggio", la morte come liberazione, in entrambi i casi, come ingresso nel Mito, nell'Epos.
Certo, fra le due scene vi sono notevoli differenze, nel film di George Roy Hill, non è presente comunque quel bagno di sangue catartico che è presente nel film di Peckinpah.
I due banditi nell'ultimo fotogramma del film vengono immortalati in un fermo immagine il quale diventa una foto d'epoca, il loro carattere spettrale si fa Mito, diventa Epos leggendario.