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IL FREE CINEMA INGLESE


Il Free Cinema fu un movimento cinematografico inglese il cui manifesto programmatico fu presentato al National Film Theatre di Londra il 5 Febbraio 1956 con la proiezione di tre cortometraggi documentari di Lindsay Anderson (vero e proprio capofila teorico del movimento), dell'italiana di Lorenza Mazzetti e di Karel Reisz e Tony Richardson.

Il movimento del Free Cinema si opponeva alla tradizione sclerotizzata del cinema inglese, ai grossi budget, al suo accademismo, ricercando, di contro, un rapporto vivo ed agile con la realtà, sopratutto con la realtà operaia e popolare non tanto dell'area londinese, ma delle zone più a nord, delle Midlands o dello Yorkshire.

Attenzione si pose anche alla rappresentazione della quotidianità, alla rabbia sociale, al senso di alienazione e di rivolta, talvolta al sogno; e non è un caso che il Free Cinema guardò sì a Grierson (notevole regista di documentari come proprio antecedente) ma sopratutto ad Humphrey Jennings (il cui stile documentario era attraversato da un sottile senso di poesia e talora di sogno).

La disamina sociale è importante nel Free Cinema, basti pensare che il giovane Ken Loach ripartirà proprio dal terreno del Free Cinema, nel 1967 con "Poor Cow".

Il Free Cinema nasce come documentarismo e passa al lungometraggio di finzione nel 1959 con l'uscita di "Look Back in Anger" di Tony Richardson il quale risente, almeno in parte di una struttura teatrale (non a caso il film era tratto dalla pièce teatrale di John Osborne).

Il primo lungometraggio che esemplifica pienamente lo spirito del Free Cinema, i suoi cupi umori e furori è sicuramente "Sabato sera domenica mattina" di Karel Reisz (1926-2002) uscito il 27 Ottobre 1960.

Il film, duro ed esplicito, non fa sconti ne concessioni al divismo (anche il ruolo di protagonista fu ricoperto da Albert Finney destinato a grande fama, vero e proprio volto del Free Cinema insieme a Tom Courtenay).

Il protagonista del film si divide fra il lavoro in fabbrica, colossali bevute al pub ed avventure con donne sposate, egli rappresenta davvero una forza naturale ed esplosiva oggettivamente dinamitarda delle convenzioni sociali; figlio della Nottingham operaia serba in sè un senso di rivolta pre-sociale, più esistenziale, potrei dire.

L'energia psichica di Albert Finney si muove contro le convenzioni, contro i ruoli pre-definiti e sopratutto contro la gabbia del matrimonio e di una alienante vita borghese; l'ultima bellissima scena del film, dove egli, costretto a sposarsi con la ragazza che ha messo incinta, frustrato lancia un sasso contro un cartellone pubblicitario la dice lunga sul furore eversivo (ma non sovversivo) del personaggio.

Egli si erge a campione della libera individualità a fronte di un'umanità imborghesita ed indistinta. Certo il film finisce "male", il protagonista frustrato rientra nei ranghi (la vita matrimoniale), ma pronto, forse, alla prossima rivolta.

Tony Richardson (1928-1991) prosegue la sua carriera, dopo il film del 1959 sopra citato, con il toccante "A Taste of Honey", uscito il 14 Settembre 1961 film con protagonista una diciassettene dalla vita difficile (interpretata dalla brava Rita Tushingham).

Secondo alcuni abbiamo a che fare con il picco creativo di Tony Richardson (io di questo regista preferirò sempre "Tom Jones" del 1963, in parte già fuori dal terreno del Free Cinema) è comunque un film che si ispira in parte all'esperienza della Nouvelle Vague francese, e nella fattispecie a "I Quattrocento Colpi" (1959) di Francois Truffaut.

Il film ci presenta un bianco e nero spoglio e sgranato (tipico dell'anti-estetismo del Free Cinema), lo studio sociale di una città operaia dell'Inghilterra Settentrionale (in questo caso Manchester) e sopratutto rappresenta (e questa fu una vera novità all'interno del cinema inglese) rapporti interrazziali e addirittura l'omosessualità.

"This Sporting Life" di Lindsay Anderson (1923-1994) uscito il 7 febbraio 1963 rappresenta, a mio avviso, il risultato di punta del Free Cinema, l'opera che coniuga in modo perfetto disamina sociale, scavo psicologico, quadro ambientale ed accentuata ricerca formale e stilistica fino a proporre un film forse unico, non solo all'interno del Free Cinema o più in generale del cinema inglese ma dell'intera storia del cinema.

Questo film sulla dura vita e le frustrazioni (emotive, amorose, sentimentali) di un minatore dello Yorkshire (interpretato da Richard Harris) che diventa campione di Rugby è il film più tetro e disperato del Free Cinema, senza alcun dubbio.

Il film è SOCIALE E PRE-SOCIALE, la dimensione pre-sociale si fa sociale, assistiamo ad un continuo rimando fra le due dimensioni, ma è anche un film sull'impossibilità della felicità, sulla sconfitta dell'amore, sullo scacco esistenziale.

Il film innalza le tematiche "quotidiane" del Free Cinema ad Epos tragico, a dramma filosofico. La tematica dell'incomunicabilità è un pilastro della strutturazione del film.

Il film non è strutturato in senso classico ma a flashback, giustapponendo piani temporali diversi i quali compenetrano l'uno nell'altro, il film effettua passaggi improvvisi ed illuminanti fra il realismo sociale e la poesia memoriale del ricordo e dell'introspezione psicologica.

La struttura non lineare ricorda per ceri versi "L'Anno Scorso a Marienbad" (1961) di Alain Resnais a cui il film di Anderson è in parte debitore, Free Cinema che si proietta sui lidi del cinema non narrativo ed "onirico".

Il tema della fantasia, dell'immaginazione la fa da padrone nel film di John Schlesinger (1926-2003) "Billy il Bugiardo" uscito il 15 Agosto 1963, film che davvero si muove in contro tendenza rispetto ai canoni del Free Cinema con protagonista un sognatore disadattato; forse questo è davvero il film che segna la fine della stagione del Free Cinema, l'esilarante "Morgan a Suitable Case for Treatment" (1966) sempre di Karel Reisz rappresenta davvero qualcosa di diverso.

Ad ogni modo, vi sono altri film del Free Cinema ( e anche molto significativi, come il bellissimo "The Loneliness of the Long Distance Runner" del 1962 di Tony Richardson a cui dedicherò, magari un articolo in futuro).

Il Free Cinema: il vero nuovo cinema inglese degli anni Sessanta, sociale e dalle forti venature esistenziali.

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