LA TERRA (1930)
"La terra", uscito sugli schermi sovietici l'8 aprile 1930 costituisce una delle prove migliori del regista sovietico (di nazionalità ucraina) Aleksandr Dovzenko (1894-1956).
Dovzenko fa parte della grande triade del cinema sovietico, costituita anche da Sergej Ejzenstejn e Vsevolod Pudovkin (del quale ho trattato nel precedente articolo).
Dovzenko è, fra i tre grandi sicuramente il meno teorico ed "intellettuale", a fronte di un Ejzenstejn, intellettuale a tutto tondo con interessi che spaziavano dal cinema, alla storia dell'arte, alla filosofia, o al pensiero psicoanalitico ed antropologico, ad esempio (ma anche a fronte di un Pudovkin) Il regista ucraino-sovietico risulta essere più "naif" più sprovvisto di così tante fonti teoriche, ma ovvia a tale "manchevolezza" (manchevolezza la quale non è necessariamente un difetto, per un'artista, la storia delle arti è piena di esempi di artisti meno "teorici" ma grandiosi) con la creazione di un cinema profondamente poetico e visionario.
Dovzenko artista più istintivo, quindi. Vera protagonista del suo cinema è la natura, la sua bellezza, il suo ritmo interiore ma anche il legame panteistico fra la dimensione naturale e quella umana.
Già da questo dato possiamo evincere come Dovzenko fosse un marxista "sui generis" poco interessato, ad esempio alla industrializzazione e ad una sua rappresentazione sullo schermo.
L'intera sua opera cinematografica fu da più parti attaccata e criticata (alcuni critici lo tacciarono di misticismo); è comunque vero che il cinema di Dovzenko rappresenta una relazione mistica fra uomo e natura e assistiamo anche al dipanarsi di una mistica nazionale ucraina, il tutto tenuto insieme, però, da una logica marxista assimilata ed interiorizzata.
In "La terra" protagonista è la natura ucraina e la sua bellezza nella quale si svolge la dura battaglia fra i giovani sostenitori della collettivizzazione delle campagne e l'opposizione dei kulaki (i ricchi contadini possidenti).
Il film è intriso di liricità, è il prodotto di un cineasta-poeta lirico; spesso la cinepresa indugia sul dato naturale e i suoi dettagli (come possiamo vedere anche nella fotografia posta ad inizio articolo, con mucchi di mele inquadrate sotto una pioggia autunnale).
Quindi Dovzenko come poeta lirico della natura ucraina; di più: come cantore del rapporto intimo e profondo fra uomo e natura, ma spingendosi ancora oltre si fa cantore di una sorta di panteismo dove l'uomo (ma io preciserei la dimensione EMOTIVA E MORALE dell'uomo) si fa tutt'uno, anzi è tutt'uno con la natura, con la sua bellezza, con i suoi ritmi più intimi e profondi.
Tutto questo è, secondo me ben visibile in "La terra" ed è questo ilo motivo per cui è da considerare il suo film più rappresentativo e significativo.
Il film dipinge la contrapposizione fra sostenitori della collettivizzazione e i kulaki, dicevamo, ed a tale proposito c'è una delle scene (se non la scena) più bella dell'intero film e dell'intero cinema sovietico: la danza notturna, di ritorno dalla casa della fidanzata, del giovane comunista e "collettivizzatore" Vasilij Trubenko, ucciso, sempre nella medesima scena alle spalle da un colpo di fucile (l'assassino è un giovane kulak, Choma).
La scena è la più lirica dell'intero film quella che più trasuda di bellezza misteriosa.La scena è intrisa di onirismo, di senso notturno e romantico delle cose, di pathos liberatorio ed eversivo: il giovane danza sotto la luna in un sentiero di campagna; assistiamo alla PURA RAPPRESENTAZIONE DELLA PURA FISICITA' LIBERATA, allo svincolamento dal Logos e da tutte le categorie razionali; il comunismo di Dovzenko era intessuto di emotività, fisicità e panteismo naturalistico, così come il suo cinema, che ben rispecchia la sua concezione del mondo e del comunismo. La stessa danza di Vasilij costituisce il simbolo, il dato evidente del cinema di Dovzenko, un cinema lirico e libero, liberato e liberatorio, svincolato anch'esso da qualsivoglia categoria razionale.
Un cinema poco controllabile, quindi, imprevedibile come la danza notturna di un giovane rivoluzionario entusiasta ed innamorato sotto la luna.
Il comunismo di Dovzenko sorge in modo immediato dalla natura, è figlio, possiamo ben dire della natura ucraina si fa parallelo all'ordine cosmico, è il controcanto dell'ordine cosmico.
"La terra" è un film-poema, un vero e proprio FLUSSO VISIVO, un film non narrativo, anzi anti-narrativo, svincolato da quella che possiamo definire LOGICA NARRATIVA; in breve il film non è organizzato narrativamente, quindi non controllabile.
Dovzenko era davvero disinteressato alla dimensione narrativa ciò che più lo interessava era la liricità della scena ed addirittura della singola inquadratura, ciò che tiene unito un film come "La terra" non è tanto una trama (invero assai esile) quanto piuttosto un DATO EMOTIVO GENERALE, dato emotivo che prende corpo nella visione e tramite la creazione filmica.
Dato emotivo che si amplia, però, fino a farsi visione generale del mondo (e del cinema) e addirittura concezione economica, politica e sociale. La collettivizzazione delle campagne effettuata in Unione Sovietica alla fine degli anni venti come articolazione evidente e materiale di un panteismo naturalistico e di un misterioso ordine cosmico.
La natura si fa società, il dato pre-sociale si fa sociale, si immette nel grande fiume sociale, e tutto si tiene con tutto.
Tutti questi aspetti sono ben presenti in un film come "La terra", film che non fu sempre ben accolto alla sua uscita.
Aleksandr Dovzenko fu un regista molto controverso e che fece un cinema unico e personalissimo. Non ha lasciato eredi nella storia del cinema ne sovietico (con l'unica parziale eccezione di Andrej Tarkovskij, se vogliamo) ne tantomeno internazionale.
Aleksandr Dovzenko: un regista cinematografico poetico e lirico, un cineasta-poeta in grado di trasfigurare visionariamente ed utopicamente la realtà quotidiana.