STARDUST MEMORIES (1980)
"Stardust memories" è uno dei film più misconosciuti di Woody Allen (1935), il film uscì il 26 settembre 1980 e non fu pienamente apprezzato e capito sia dalla critica che dal pubblico.
Il film fu tacciato di manierismo felliniano, il giudizio in sè era corretto, ma ingiusto perchè riduttivo, e perchè non teneva conto della complessità e dello spessore di questo film di Woody Allen, il quale, secondo me stava cercando di raffigurare il proprio mondo interiore attraversato da accensioni oniriche e misteriose, poi, certo vi è in "Stardust memories" tutto un richiamo cinefilo sia al cinema di Ingmar Bergman (punto di riferimento imprenscindibile per Allen) che sopratutto al cinema di Federico Fellini (nella fattispecie a "Otto e mezzo" del 1963).
Ma tali fonti cinematografiche vengono personalizzate e rimodellate secondo proprie esigenze artistiche creative ed estetiche.
Il film è unico, anche all'interno dell'intera opera filmografica alleniana, si smarca da qualsivoglia modello che fin lì Woody Allen aveva proposto. Il film, come ho già scritto è del 1980, si situa quindi fra "Manhattan" (1979), da molti considerato il suo vero capolavoro, e "Una commedia sexy in una notte di mezza estate" (1982), deliziosa e raffinata pochade bucolica ambientata ad inizio Novecento.
Unico denominatore comune che lega "Stardust memories" ad altri film di Allen; ai film che si potrebbero definire "interiori" quali "Interiors" (1978) o "Settembre" (1987) è lo scavo psicologico, lo studio dell'interiorità dei personaggi; ma "Stardust memories" va oltre, supera questo confine addentrandosi nei meandri onirici e surreali.
Il film, proprio come "Otto e mezzo" di Fellini narra (ma il termine "narra" in questo caso è davvero il termine adatto?) della crisi esistenziale e creativa di un regista cinematografico (interpretato dallo stesso Woody Allen) alle prese con i produttori e con i propri fans, il quale, nel corso del film vive una serie di esperienze fra reale ed irreale (od oniriche, surreali) quali un incontro con alieni; nel film è presente anche una scena di levitazione.
Si tratta di un film dove i piani si confondono, generando nuovi piani di (ir)reale e di (sur) reale e così facendo il film rappresenta forse davvero una nuova realtà inedita e nascosta.
Woody Allen in questo film "esteriorizza" la dimensione interiore, quest'ultima assume tutta la plasticità e la grevità del reale, esce allo scoperto, da battaglia al reale codificato e consolidato, si espone quindi in tutta la sua portata provocatoria, liberatoria ed onirica.
Nel film riveste grande importanza anche la dimensione memoriale (basti pensare alle scene iniziali ed al richiamo a "Il posto delle fragole" (1957) di Ingmar Bergman).
Dimensione interiore, memoria, fantasmi onirici: il tutto si intreccia fino a creare una dimensione ULTERIORE DI SENSO.
Qualcuno ha rintracciato nel film oltre ai più canonici richiami al cinema di Bergman e a quello di Fellini un suggestivo richiamo ad una commedia hollywoodiana del 1941 (molto intelligente e profonda) di Preston Sturges intitolata "Sullivan's travels", film che inscena in modo perfetto il rapporto tormentato tra fare artistico (ed anche in questo caso cinematografico) ed utilità sociale; ma anche (e qui davvero il film di Woody Allen si avvicina a quello di Preston Sturges) la battaglia fra artista e produttore, fra ragioni estetiche (impersonate dal regista cinematografico) e ragioni economiche (impersonate dal produttore).
A mio avviso il richiamo di Allen al film di Sturges è presente, l'ipotesi è giusta oltre ad essere anche molto suggestiva; tra l'altro è noto l'amore di Woody Allen non solo per molto cinema europeo ma anche per il cinema classico hollywoodiano.
I due film presentano tematiche comuni che li avvicinano: sono entrambi film sulla celebrità, sull'essere celebre, sull'apparire pubblico e come ho già scritto sulla creazione artistica, sui suoi travagli e sulle sue battaglie.
In "Stardust memories" quello che colpisce è proprio l'instaurarsi della contrapposizione pubblico/privato, di più: della contrapposizione pubblico/interiore.
La creatività, l'arte in questo film sono dirette filiazioni (e manifestazioni supreme) della dimensione interiore dell'essere umano, filiazioni di processi introspettivi che vengono poi esternati e che trovano motivi di incontro e dialogo con la realtà "esteriore" (sociale, interpersonale, etc.).
Ma nel film di Allen la creazione artistica rimane, comunque sempre al di qua (o piuttosto bisognerebbe dire che si muove sempre al di là?) rispetto al principio di realtà, alle richieste (di tipo economico-produttivo in questo caso) dell'opaca realtà.
L'artista è artista proprio nel disprezzo che porta al suo apparire pubblico, alla sua dimensione "esteriore" al suo essere oggetto di venerazione dei fan.
Ho scritto in apertura di questo articolo che tacciare il film di "manierismo felliniano" è ingiusto e riduttivo: certamente, Fellini viene evocato quale fonte di ispirazione e come interlocutore privilegiato.
Assistiamo, piuttosto ad un richiamo cinefilo (quindi alto e nobile e non strumentale): un richiamo che personalizza quell'universo visivo, che viene piegato ad una sensibilità cinematografica diversa.
Gli ambienti sono molto importanti in "Stardust memories", poichè sono spesso intrisi di quell'onirismo e di quel carattere magico di cui sopra, la vicenda di Sandy Bates (il personaggio interpretato da Woody Allen) si dipana fra realtà e dimensione onirica, ma comunque in una dimensione a sè, in una dimensione interiore, la quale però si fa esteriore, esterna: da qui il fascino sia visivo che filosofico del film, la sua fertile ambiguità, la sua latente carica eversiva.
Stiamo davvero parlando di uno dei risultati di punta della (quasi) sterminata produzione filmografica alleniana, sicuramente della sua opera più controversa e radicale proprio in virtù di scelte visive e di costruzione del racconto (invero dalla trama assai debole) inedite ed insolite.
Il film presenta un radicalismo stilistico e visivo, che, per quanto mi riguarda batte persino il precedente ( e bellissimo, in ogni caso davvero, forse, il suo capolavoro) "Manhattan", con le sue carrellate e movimenti di macchina che richiamano il cinema di Jean Luc Godard.
Il film ci presenta una dissoluzione della trama, del racconto e quasi dei nessi logici, l'opera anche in questo senso assume connotati radicali e sottilmente "eversivi": il film trascende tali limiti (limiti che talvolta garantiscono la "controllabilità" di un'opera artistica) per approdare a qualcosa di insolito.
"Stardust memories" ovvero: la realtà che si fa sogno, ma sopratutto il SOGNO CHE SI FA REALTA'.